Vulvodinia: cosa è, cosa fare.

La sindrome del dolore genitale femminile cronico, o Vulvodinia, è un disagio molto comune. Si calcola che possa arrivare a colpire il 7% -8% della popolazione femminile, di qualsiasi età, etnia e indipendentemente dalla capacità riproduttiva del soggetto!
Anche se così diffusa, in realtà esistono diverse difficoltà nella diagnosi e nella la gestione di questa patologia, capace di causare molti fastidi.

Definizione e diagnosi

La vulvodinia è definibile come come un disagio localizzato a livello degli organi genitali, ed è normalmente spesso percepito sotto forma di dolore (e/o bruciore) presente in area vulvare, che è l’insieme del complesso esterno della zona genitale femminile.

Se la condizione non è estesa a tutta la vulva ma solo al suo vestibolo (la parte più prossima all’ingresso vaginale, tra piccole e grandi labbra), si parla più precisamente di vestibulodinia. Delle due forme, questa più circoscritta è quella di gran lunga più frequente.

Il ginecologo ha un ruolo chiave nell’accertare la patologia e nell’escludere altre cause di origine del dolore. Non di rado, infatti, questo tipo di diagnosi viene raggiunta con metodiche di esclusione.

Un approccio alla diagnosi e alla gestione di una donna che si presenta con questo tipo di dolore cervicale vulvare, si basa sulla valutazione di fattori biologici, psicologici e sociali, oltre che interpersonali, che insieme possono contribuire allo scatenamento della malattia. Spesso è possibile che si verifichi una sovrapposizione tra più d’una delle componenti sopra citate.

Aspetti sociali

La vulvodinia rappresenta un onere significativo per la società, coinvolgendo il sistema sanitario, la donna affetta, la sua famiglia ed il suo partner.

Negli Stati Uniti è stato stimato che l’onere economico annuale della vulvodinia ammonta ad una cifra che si aggira tra i 30-70 miliardi di dollari. L’ammontare per ogni paziente corrisponde a quasi 9000 dollari, per 6 mesi di terapia. Questo costo include le spese dirette ed indirette di assistenza sanitaria e i costi sociali indiretti, afferenti alla persona affetta ed alle sue attività quotidiane.

Non va sottovalutato un ulteriore aspetto e cioè che, pur essendo una condizione molto diffusa, è anche molto taciuta dalle stesse donne. Si stima infatti che un’alta percentuale di casi non venga riportata all’attenzione del medico, lasciando che sia la paziente a “soffrirne in silenzio”. Questo può essere causato da diversi elementi:

  •  per imbarazzo, in dipendenza anche dal contesto sociale e culturale della paziente
  •  per sfiducia, nell’aver già tentato diversi approcci terapeutici non andati a buon fine

Principali sintomi

La caratteristica principale come già detto è il dolore. Dolore che viene descritto e caratterizzato sotto diverse forme, quali ad esempio:  bruciore, prurito, punture di spillo o ancor più di lama, fitte, dolore da pesantezza, come se si fosse ricevuto un colpo, talvolta anche come sensazione di scariche elettriche.

Il dolore, variamente inteso, è costante e può irradiarsi alle zone limitrofe, spingendosi all’addome o alla zona perianale. Classicamente, niente sembra scatenare il dolore, “è solo lì tutto il tempo”… Il dolore può avere ripercussioni nella quotidianità, come già accennato, al punto da recare disturbo nell’indossare indumenti, camminare, sedersi per lunghi periodi e dormire.

Da cosa è causata

Le donne con vulvodinia sono spesso molto afflitte per non essere in grado di identificare una “causa” del loro dolore.

L’eziologia della vulvodinia è incerta e probabilmente multifattoriale. C’è dibattito, infatti, sul fatto che il dolore possa essere causato principalmente da lesioni o infiammazioni locali,  con conseguente sensibilizzazione periferica e/o centrale del sistema nervoso.

In altre parole, a livello locale, può esserci un evento scatenante iniziale che provoca infiammazioni e/o lesioni che influenzano la zona vulvare. Questo innesca una reazione a catena, che provoca stimoli ripetitivi dei recettori del dolore e, in ultima analisi, un danno del recettore o del nervo (dolore nocicettivo).

Gestione clinica

Linee guida pratiche basate su comprovati protocolli, ancora non esistono (vedi studio). A livello medico, il trattamento di pazienti con  vulvodinia è spesso percepita come una vera e propria sfida.

Una volta raggiunta la certezza della diagnosi, l’approccio prevede da un lato il supporto al trattamento delle potenziali concause (igiene, consigli comportamentali ed alimentari, esame dei fattori neurologici e/o psicologici) e dall’altro la gestione dei sintomi per via farmacologica.

Terapia

Esiste una terapia fisica, che prevede il ricorso al rafforzamento della fascia muscolare della zona interessata.
Gli obiettivi della terapia fisica sono principalmente di aumentare la consapevolezza del paziente della possibilità di controllare i muscoli del pavimento pelvico, migliorando il controllo volontario dei movimenti di contrazione e rilassamento muscolare, rendendo la paziente più in grado di reagire agli spasmi dolorosi che la malattia comporta.

Esiste, poi, una terapia farmacologica che può includere il ricorso a diverse classi di farmaci, tra cui: anestetici, anti-spastici, anti-convulsivanti e anti-depressivi sia per uso orale sia incorporati in formulazioni per uso topico e cutaneo. Mentre sono solitamente inefficaci i FANS, il paracetamolo e i cortisonici.
Tra le formulazioni per uso topico ne segnalo alcune suggerite in alcuni studi molto recenti, che riportano l’efficacia terapeutica susseguente l’applicazione di un siero vaginale a base di diazepam o, in alternativa, a base di gabapentin (4-6%) formulati su basi di gel istocompatibili ed ipo-allergenici, in grado di assicurare un ottimo assorbimento dei principi attivi.
Queste specialità non sono in commercio, ma vengono realizzate appositamente da farmacie specializzate, dietro presentazione di ricetta medica.

In conclusione

  • La vulvodinia è una patologia assai più diffusa di quanto ritenuto.
  • La diagnosi ed il successivo trattamento andrebbero iniziati in un tempo quanto più rapido possibile, al fine di diminuire i disagi e ridurre i rischi di cronicizzazione.
  • L’unico vero consiglio è quello di rivolgersi a studi o centri ginecologici preparati, in grado di indirizzare la paziente verso le terapie più corrette per una rapida risoluzione del problema.

Se necessiti di ulteriori informazioni, puoi contattarmi compilando il form qui sotto.

 

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