Cannabis e malattie autoimmuni (Sindrome di Sjogren)

La sindrome di Sjogren è una malattia piuttosto comune che coinvolge il sistema immunitario. Si stima, ad esempio, che negli Stati Uniti ne siano affetti circa 4 milioni di persone.
Nelle ultime settimane, ho avuto modo di valutare alcuni studi che concordano sul fatto che i cannabinoidi possano avere un potenziale terapeutico per il trattamento di malattie autoimmuni e possano essere efficaci per gestire i sintomi tipici di questa affezione.

Cos’è la sindrome di Sjögren?

La sindrome di Sjögren è una malattia autoimmune caratterizzata da secchezza degli occhi e della bocca. In genere colpisce le donne di età superiore ai 40 anni.
Il sistema immunitario attacca erroneamente le cellule e i tessuti sani, influenzando la mucosa e le ghiandole che secernono l’umidità degli occhi e della bocca e causando una diminuzione della produzione di lacrime e saliva.

La malattia spesso si accompagna ad altri disordini autoimmuni, come il lupus e l’artrite reumatoide. La sindrome di Sjögren può anche provocare edemi diffusi: ghiandole salivari gonfie, rigonfiamenti e dolori articolari, eruzioni cutanee.
Ma anche al contrario causare xerosi (ossia carenza di sebo ed umidità): pelle secca, tosse secca persistente, secchezza vaginale e affaticamento prolungato.

Attualmente, non esiste una cura consolidata per il disturbo, quindi gli sforzi di trattamento in genere si concentrano nell’aiutare i pazienti a gestire i sintomi.

I derivati della Cannabis

I cosiddetti “Cannabinoidi” sono composti naturali che si trovano negli steli, nei semi e nei fiori delle piante di cannabis, nelle sue innumerevoli varietà. I due cannabinoidi più abbondanti, più studiati e meglio compresi sono il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD).
La più nota differenza tra i due è che il primo composto ha spiccata azione psicoattiva capace di suscitare le ben note risposte “euforizzanti” mentre il secondo no (leggi anche qui).

In altri articoli abbiamo discusso di come le restrizioni normative rendano difficile per i ricercatori studiare le proprietà benefiche dei cannabinoidi. Di conseguenza, le indagini sull’efficacia dei cannabinoidi specificamente per la sindrome di Sjögren sono quasi inesistenti. Tuttavia, gli studi sui cannabinoidi per i disordini autoimmuni hanno mostrato risultati promettenti.

Cercherò di seguito di ricapitolare le correlazioni, sin qui studiate, tra la sindrome di Sjögren e  sul potenziale terapeutico dei cannabinoidi nei confronti di questa patologia.

Risultati della ricerca relativi ai cannabinoidi nella sindrome di Sjögren

Chiariamo che non esistono ancora studi che mettano in correlazione diretta la sindrome di Sjögren e i derivati della canapa; un crescente numero di ricerche mediche, però, suggerisce che i cannabinoidi possiedano un potenziale terapeutico per il controllo delle malattie autoimmuni.

Le malattie autoimmuni sono state collegate a una disfunzione nel sistema endocannabinoide del corpo, una rete di segnalazione responsabile della regolazione di una vasta gamma delle nostre funzioni fisiologiche. Una delle responsabilità del sistema endocannabinoide è quella di gestire il nostro sistema immunitario (qui uno studio molto recente). Nei casi in cui il sistema endocannabinoide non funzioni correttamente, le azioni del sistema immunitario possono essere compromesse e le malattie autoimmuni hanno maggiori probabilità di svilupparsi.

I ricercatori sanno che i cannabinoidi di origine vegetale (fitocannabinoidi) – come CBD e THC – interagiscono con il sistema endocannabinoide. Si legano ai recettori cannabinoidi presenti nel nostro corpo – CB1 e CB2 – per stimolare il sistema e aiutarlo a funzionare in modo più efficace.
Il sistema endocannabinoide sintetizza i propri cannabinoidi (endocannabinoidi), ma i ricercatori hanno teorizzato che in alcuni casi questi non siano abbastanza, influenzando negativamente le prestazioni del sistema endocannabinoide. In questi casi, l’integrazione con fitocannabinoidi (ossia presi dalla pianta) può stimolare un sistema endocannabinoide altrimenti disfunzionale, in modo che possa regolare correttamente il nostro sistema immunitario.

Quali prospettive

Studi preclinici hanno dimostrato che i cannabinoidi contribuiscono alla regolazione del sistema immunitario e impediscono di attaccare le cellule sane.
Una ricerca del 2009 ha trovato prove di efficacia per il trattamento di diverse patologie autoimmuni, tra cui sclerosi multipla, colite, artrite reumatoide, epatite, allergia, asma, uveoretinite autoimmune, diabete mellito di tipo 1 insulino-dipendente e tumori correlati all’infiammazione.

“Il sistema dei cannabinoidi, come dimostrato sia in vivo che in vitro, è direttamente coinvolto nella regolazione del sistema immunitario attraverso le sue proprietà immunomodulatorie”, hanno concluso i ricercatori nel loro riassunto.

La ricerca suggerisce anche che i cannabinoidi possono aiutare a trattare molti dei sintomi associati alla sindrome di Sjögren. I recettori CB1 e CB2 sono stati collegati alla mediazione del dolore causato dall’infiammazione, suggerendo che i cannabinoidi potrebbero essere agenti per alleviare il dolore causato dalla sindrome di Sjögren.Infatti, queste molecole, sono potenti agenti anti-infiammatori ed esercitano i loro effetti attraverso l’induzione dell’apoptosi, l’inibizione della proliferazione cellulare, la soppressione della produzione di citochine e l’induzione di cellule immunitarie “T-regolatorie (Tregs)”.
Gli studi hanno trovato sia il CBD che il THC potenzialmente efficaci per ridurre il dolore. Questa terapia, ovviamente, va valutata in stretta collaborazione con il proprio oculista, per l’eventuale scelta della forma farmaceutica (collirio, gocce per ingestione, etc…) più corretta.

In conclusione

I cannabinoidi hanno anche dimostrato di essere potenzialmente utili per ridurre gli altri sintomi legati a questa patologia e cioè:

  • l’infiammazione delle articolazioni,
  • migliorare la salute della pelle e
  • inibire la progressione dell’artrite.

Nonostante i risultati promettenti, però, uno dei problemi principali degli studi sull’uso della canapa e dei suoi derivati è quello della varietà della pianta utilizzato, nel senso che gli scritti non specificano quale tipo di cannabis sia stata utilizzata nei vari casi messi sotto esame.
Ogni diverso tipo di strain (infiorescenza) ha una concentrazione diversa di principi attivi ed è indicata per alcuni disturbi ma non per altri.
Tanto per fare un esempio, quella con un contenuto elevato di Thc, il principio attivo ad azione psicotropa, può essere pericolosa in alcune patologie come l’epilessia perché potrebbe provocare delle crisi epilettiche mentre quella con un alto contenuto di Cbd funziona benissimo in questi casi.

Chiaramente sono necessarie ulteriori ricerche su come i cannabinoidi possano aiutare i pazienti con la sindrome di Sjögren. I risultati finora incoraggianti, indicano che i composti naturali potrebbero essere potenzialmente utili non solo per trattare i sintomi, ma anche per tentare di curare il disturbo.

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