Lattoferrina contro il Covid-19
Nell’ incessante ricerca di rimedi che possano fermare la pandemia di coronavirus (Sars-Cov2) in atto dalla fine del 2019 dello scorso anno (12-2019), grazie ad una ricerca tutta italiana, poi confermata e replicata con diversi studi in tutto il mondo, è stata scoperta la correlazione con una proteina in grado di contenere gli effetti del Covid-19.
In Italia a Roma
Questa scoperta è l’importante risultato di una capillare ricerca condotta in parallelo dall’università di Tor Vergata e La Sapienza di Roma, partendo dall’intuizione di una ricercatrice di Dermatologia di Tor Vergata, la dr.ssa Elena Campione (qui un intervista televisiva).
Dall’osservazione che si ammalavano gli adulti e gli anziani con sintomi gravi, mentre i bambini o non si ammalavano o mostravano sintomi lievi, è venuta l’intuizione di ricercare elementi protettivi all’interno del latte materno.
E’ stata dunque identificata una proteina, la Lattoferrina, ereditata dal bambino durante l’allattamento, già studiata per le sue potenti proprietà antivirali, ed è stata subito testata su pazienti malati di Covid-19.
Quando utilizzata nelle fasi precoci dell’infezione, dopo 10 giorni dalla terapia si è osservata una scomparsa dei principali sintomi e dopo 10-12 giorni si è ottenuta la “negativizzazione” dei tamponi, praticamente nella totalità dei casi.
Parallelamente all’Università La Sapienza sono partiti studi di laboratorio, confermati da colleghi di molte parti del mondo.
Cosa è
La Lattoferrina è una glicoproteina che lega il ferro, appartenente alla famiglia della transferrina, si trova nella maggior parte dei fluidi corporei.
La si ritrova a concentrazioni particolarmente elevate nel latte di mammiferi ed è stata identificata per la prima volta nel latte bovino e successivamente isolata nel latte umano [vedi].
Dalla sua scoperta, la lattoferrina e i suoi peptidi correlati, vengono principalmente considerati importanti molecole di difesa dell’ospite contro una varietà di agenti patogeni, tra cui una serie di virus [studio].
Più recentemente, i ruoli antinfiammatorio e immuno-modulatore della lattoferrina hanno acquisito un crescente interesse scientifico.
Infatti, oltre ad essere in grado di moderare la risposta dell’ospite alle infezioni, questa proteina sembra avere la duplice capacità di stimolare il sistema immunitario e allo stesso tempo di contrastare l’insorgenza, nell’ospite, di dannose risposte infiammatorie.
Come agisce
Si ipotizzano alcuni differenti meccanismi d’azione,
che lavorano in maniera combinata.
Secondo uno studio spagnolo, la lattoferrina
agisce bloccando la porta di accesso del virus,
occupando fisicamente il sito di ingresso (vedi figura accanto).
Si vede come le particelle di virus COVID-19 siano bloccate dalla presenza della lattoferrina liposomiale (in alto); mentre, senza interferenza da parte della lattoferrina, la conosciuta
affinità virale per il recettore ACE 2
consente l’ingresso del virus all’interno della cellula (in basso).
Oltre a ridurre l’ingresso virale, la lattoferrina, può anche sopprimere la replicazione del virus dopo che il virus è entrato nella cellula, come nel caso dell’HIV [qui lo studio] .
Successivamente, può anche esercitare un effetto antivirale indiretto sulle cellule immunitarie che svolgono un ruolo cruciale nelle prime fasi dell’infezione virale.
Ulteriormente, la lattoferrina è in grado di aumentare l’assorbimento del ferro ed aumentare la quantità del ferro quando le riserve di ferro sono basse; nonché modulare il metabolismo del ferro durante l’infezione e l’infiammazione.
La capacità della lattoferrina di legare il ferro ne suggerisce anche un possibile ruolo come agente antiossidante. Sequestrando il ferro in eccesso, impedisce infatti che questo produca i ben noti effetti pro-ossidanti (Fe2+ + H2O2 → Fe3+ + OH· + OH−).
In queste ultime situazioni il ferro agisce per aggiungere combustibile al fuoco:
– in caso di infezione il ferro stimola la crescita dell’organismo infettante.
– in caso di infiammazione, il ferro libero non legato genera radicali liberi che danneggiano i tessuti del corpo.
Legandosi al ferro, la lattoferrina può essere in grado di ridurre la quantità di radicali liberi nell’ambiente infiammatorio.
Le proprietà antimicrobiche della lattoferrina – infine – sono principalmente dovute alla capacità di legare il ferro, sottraendolo al metabolismo di quelle specie batteriche – come l‘Escherichia coli – che dipendono da esso per la propria moltiplicazione e adesione alla mucosa intestinale (effetto batteriostatico); in pratica la Lattoferrina “sequestra” il ferro di cui si nutrono virus e batteri.
Ha inoltre un’azione antibatterica diretta (battericida), grazie alla capacità di danneggiare
gli strati più esterni della membrana cellulare di alcune specie batteriche GRAM negative.
Ricapitolando
La Lattoferrina è un complesso dalle caratteristiche uniche.
Questo si traduce in azioni antivirali ad ampio spettro, ma anche in azioni immuno-modulatorie e antinfiammatorie che possono svolgere un ruolo nella fisiopatologia delle infezioni gravi.
Osservando il ruolo immunomodulante di questa proteina, vediamo che esso deriva dal suo potenziale unico (di limitare i danni ai tessuti) modulando le citochine, le chemochine e i recettori della superficie cellulare coinvolti nelle cascate delle vie di segnalazione.
Questo riuscirebbe a modulare la miriade di percorsi biologici di controllo e di interazioni, nel contesto della sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS), che portano a scatenare la cosiddetta “tempesta di citochine” – una risposta infiammatoria derivante dall’attivazione immunitaria incontrollata – che, secondo alcuni, la Lattoferrina potrebbe trattare [fonte].
Come assumerla
Da sola o in associazione ad altri elementi verosimilmente potenzianti.
Più rilevanti per la nostra tesi sono i recenti risultati riportati dal già citato studio spagnolo (Serrano et al.) che un integratore di Lattoferrina bovina liposomiale contenente 32 mg di lattoferrina somministrato da quattro a sei dosi al giorno per 10 giorni con – in aggiunta –
10 mg di zinco (due o tre volte al giorno) ha portato al 100% di recupero di 75 pazienti sintomatici SARS-CoV-2 positivi entro 4– 5 giorni, e lo stesso trattamento a una dose inferiore sembrava prevenire la malattia in contatti sani.
E’ interessante, confrontare i valori dell’evoluzione dei sintomi e la loro riduzione nel decorso della patologia, con e senza l’uso della lattoferrina.
E’ stata studiata e formulata anche in associazione con dei flavonoidi naturali.
I flavonoidi sono sostanze fitochimiche (cioè sempre chimiche, ma naturalmente prodotte dalle piante) presenti in frutta, verdura, noci, semi, steli e fiori, che sono noti per essere responsabili dei colori di molti fiori e frutti e che proteggono le piante da agenti patogeni,
insetti e radiazioni UV-B.
Un’associazione studiata è quella con la quercetina.
Da uno studio si è visto che Lattoferrina e quercetina formano, all’interno del nostro organismo, una nuova molecola complessa che risulta dall’interazione delle due, che riesce ad incrementare l’attività antibatterica (rispetto alle molecole singolarmente considerate).
In altri casi è possibile vedere la Lattoferrina associata al colostro bovino,
verosimilmente perché uno dei componenti più interessanti del colostro bovino è proprio… la lattoferrina.
Il colostro bovino è il liquido “pre-latte” prodotto dalle ghiandole mammarie delle mucche durante le prime 24-48 ore dopo il parto. E’ particolarmente ricco di immunoglobuline (anticorpi), fattori di crescita, varie proteine ed enzimi.
E’ possibile che in realtà si tratti allora di integratori a base di colostro, che sono naturalmente ricchi di lattoferrina (quanta? controlla in etichetta)
Qualcosa in più riguardo la Quercetina
La quercetina, anch’essa, in autonomia, è stata oggetto di numerosi articoli per le sue riscontrate proprietà anti SARSCoV-2 (COVID-19) rilevate dal CNR-nanotec di Cosenza e dagli studi del gruppo di ricerca di Saragozza e Madrid.
La quercetina risulta letale per SARS-CoV-2 grazie alla capacità di bloccare l’attività enzimatica
di 3CL-pro: la molecola, infatti, bloccando questo enzima responsabile della replicazione virale
va a vanificare il ciclo litico del virus.
Oltre a questo meccanismo d’azione, la quercetina occupa anche il sito recettoriale ACE-2,
ovvero il sito della cellula ospite a cui le strutture spike del virus si agganciano.
In questo modo la quercetina risulta utile sia nel bloccare sia la penetrazione del virus nella
cellula ospite, sia la sua fase di replicazione, risultando un valido supporto in prevenzione
antivirale ma anche nell’infezione acuta.
La quercetina è ottimamente tollerata dall’uomo anche a dosaggi 10 volte superiori a quelli usati nella clinica. Inoltre, non presenta studi di tossicità anche in co-somministrazione ad altri farmaci.
E’ anche attiva contro Adenovirus, Herpes, virus Influenzali, Epatite C, Zika virus, Enterovirus 71, Ebola e HIV.
A marzo del 2020, la quercetina è stata testata in vitro su SARS-CoV-2 e paragonata a diversi
farmaci antivirali risultando efficace tanto quanto questi ultimi.
Il grosso limite della quercetina è la sua biodisponibilità.
In uno studio si è visto che somministrando 1500mg (3x500mg) di quercetina, si rilevava nel plasma solo una concentrazione pari a 2,5mg, perdendo così il 99,8% del composto.
Lo sviluppo di una quercetina veicolata con fosfolipidi di girasole, quercetina fitosoma®, ha
superato il problema di biodisponibilità; questa formulazione risulta essere 50 volte più
assorbita della quercetina tal quale.
Altre vie di somministrazione
Il successo di nuovi sistemi di somministrazione di farmaci dipende dallo sviluppo di formulazioni in grado di migliorare l’indice terapeutico di molecole biologicamente attive aumentando la loro concentrazione, in modo specifico, nei siti o organi bersaglio desiderati.
Per il miglior effetto terapeutico è necessario trovare la migliore formulazione farmacologica, sia per bloccare il virus nel micro-ambiente extracellulare delle mucose,
sia per stimolare l’immunità locale al fine di promuovere una migliore eliminazione della carica virale.
Considerando la necessità di agire a livello delle vie aeree superiori e inferiori,
c’è la necessità di un formulato con caratteristiche chimico-fisiche differenti.
Tra i particolari metodi di somministrazione di farmaci usati per trattare le malattie polmonari, sono state proposte formulazioni per un trattamento locale della mucosa nasale con Lattoferrina solubilizzata in una formulazione spray intra-nasale in aggiunta all’assunzione orale di Lattoferrina; a detta di una recentissima ricerca preliminare, questa associazione, potrebbe contrastare l’infezione e l’infiammazione del coronavirus.
La logica relativa all’uso di questo metodo di somministrazione dei farmaci si basa su una minore tossicità e una maggiore compatibilità biologica con l’epitelio polmonare.
Nel loro insieme, tutte queste proprietà giustificano la progettazione di uno studio clinico per valutare e verificare l’effetto della Lattoferrina come barriera naturale agli attacchi dei patogeni della mucosa sia respiratoria che intestinale.
Secondo questi studiosi, il dosaggio ideale di Lattoferrina deve essere diversificato in base alla gravità dei sintomi. I pazienti COVID-19 asintomatici dovrebbero usare 100-300 mg, somministrati per via orale, sino alla dose massima di 1gr/die per i pazienti lievemente sintomatici [67]. Col suggerimento di mantenere il trattamento almeno fino a quando il tampone diventa negativo [fonte].
Alcune obiezioni
Pur in assenza di un vero e proprio contraddittorio, è corretto riportare che, nel mondo medico/scientifico, non tutti si trovano d’accordo con la tesi di un’efficacia conclamata degli effetti della Lattoferrina sul Covid-19.
Ci sono testimonianze di alcuni esponenti della comunità scientifica che, pur riconoscendo il valore della Lattoferrina, sono ancora restii a pronunciarsi sulla sua reale efficacia in prevenzione e trattamento, in assenza di ulteriori specifiche prove cliniche.
Arrigo Cicero, presidente della Società italiana di nutraceutica (Sinut):
“Numerosi studi clinici controllati, molti dei quali condotti su neonati, hanno confermato azioni microbicide e immunostimolanti della lattoferrina, osservate peraltro chiaramente in diversi modelli preclinici. Gli effetti più importanti sono stati osservati a carico del sistema gastrointestinale e genito urinario, molto meno a livello respiratorio.
Tuttavia, non esiste alcuno studio clinico pubblicato ove si riporti un qualche effetto della lattoferrina sul coronavirus nell’uomo. L’utilizzo strumentale della pandemia da coronavirus per promuovere attività non dimostrate di integratori alimentari, peraltro sicuri e con altre funzioni ben studiate, è assolutamente deprecabile”.
In conclusione
Riassumendo, fin qui, gli effetti studiati e documentati con certezza della Lattoferrina sono:
- Regolazione del metabolismo del ferro
- Proprietà antibatteriche, antimicotiche e antivirali
- Promozione di una flora intestinale sana
- Miglioramento della funzione immunitaria
- Effetti antiossidanti e antinfiammatori
Sono stati compiuti molti progressi per chiarire le molteplici funzioni della Lattoferrina negli ultimi 30 anni, come antivirale e come molecola dalle peculiari caratteristiche antinfiammatorie e immunomodulanti.
Queste azioni chiave, manifestano il perché siano state fatte diverse sperimentazioni cliniche per il suo utilizzo nei casi di COVID-19, ma è pur vero che sono necessari ulteriori esperimenti per verificare la sua reale azione inibente nei confronti di SARS-CoV-2,
nonché studi clinici per chiarire il dosaggio preciso e l’efficacia che possano confermare il potenziale della Lattoferrina nella prevenzione SAR-CoV-2 e nel trattamento COVID-19.
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