Probiotici o fermenti lattici? Questo il dilemma (1a parte)
Sulla base di tali dati, un gruppo di lavoro universitario ha suggerito che un probiotico che possa definirsi tale debba avere le seguenti caratteristiche minime: il probiotico deve essere presente in un quantitativo sufficiente sino al termine della shelf-life (la data di scadenza), deve passare indenne attraverso il tratto gastrointestinale ed in particolare resistere agli acidi biliari e ai succhi gastrici, deve essere in grado di colonizzare l’intestino.
Fermenti lattici, più famosi dei probiotici
Si fa spesso molta confusione tra le diciture “fermenti lattici” e “probiotici”, usate in genere come sinonimi. In realtà non lo sono, le differenze sono notevoli e non sono semplicemente semantiche, ma riguardano anche aspetti di sicurezza alimentare. Vediamo di capire.
I fermenti lattici o batteri lattici ⎼ dall’inglese lactic acid bacteria ⎼ sono batteri in grado di produrre acido lattico partendo dalla fermentazione del lattosio.
Il termine quindi non si riferisce a una caratteristica di quale ceppo si tratti, ma fa riferimento a una funzione microbica che microrganismi, anche diversi tra loro, sanno compiere.
Nello specifico, indicano semplicemente il fatto che sono in grado, con il loro corredo enzimatico, di fermentare e digerire il lattosio, il quale peraltro non sarebbe digeribile se non ci fossero questi microrganismi nel nostro intestino
Perché allora il termine “fermento lattico” è più famoso di “probiotico”? La ragione è probabilmente storica. «L’uso dei fermenti lattici è antichissimo, erano utilizzati per preservare il latte. Addirittura, si dice che il Re di Francia Enrico I fu guarito dalla diarrea tramite l’utilizzo di uno yogurt turco».» come racconta Eva Pericolini, docente dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
Il loro utilizzo è noto da moltissimi anni, tanto che ancora oggi in molti tendono a usare questa dicitura, sebbene sia impropria dal punto di vista microbiologico.
Il termine probiotico invece…
I probiotici sono stati definiti dall’OMS nel 2001 come “organismi vivi che conferiscono uno stato di benessere all’organismo ospite se somministrati in concentrazione adeguata”.
Sono microrganismi che, nella maggioranza dei casi, producono acido lattico, ma a differenza dei batteri lattici rimangono vivi all’interno dell’organismo dove si replicano ed esplicano attività metaboliche, fornendo quindi un beneficio.
I fermenti lattici, invece, una volta ingeriti in genere non sopravvivono al passaggio nello stomaco. E questo al di là del fatto che possano esplicare o meno proprietà benefiche.
In genere quando si parla di fermenti lattici ci si riferisce a materiale di cui non sappiamo né composizione, quantità e dosaggio, né se e quanto sopravvive attraverso le barriere stomaco-duodeno-intestino tenue. Quando somministriamo un fermento lattico stiamo semplicemente dando un alimento che contiene microrganismi in grado di “digerire” il lattosio e produrre acido lattico, ma non ne conosciamo la concentrazione, se sono davvero in grado di metabolizzare il lattosio e dove lo faranno
I probiotici sono microrganismi che, per definizione, sopravvivono alle barriere naturali dell’organismo. “Arrivano nell’intestino colonizzando la mucosa intestinale diventano parte integrante del microbiota intestinale e sono in grado di interagire con le cellule dell’epitelio intestinale.
Riassumendo, la somministrazione di un probiotico implica l’assunzione di microrganismi noti, in concentrazioni note, che resteranno nell’intestino dove metabolizzeranno diverse sostanze, compreso l’acido lattico derivante dal lattosio” (Elisabetta Blasi, docente dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia)
Qual è la vera differenza?
La differenza è evidente: da una parte i fermenti lattici di cui non possiamo essere certi di eventuali effetti, dall’altro i probiotici, depositati in banche dati, di cui sappiamo esattamente la specie, il ceppo e il dettaglio molecolare e con i criteri di sicurezza, tecnologici, funzionali e fisiologici richiesti dall’OMS, necessari affinché un determinato prodotto sia chiamato probiotico e venduto come tale.
Tutto questo definisce con certezza gli ambiti applicativi e il tipo di effetto da attendersi nell’utilizzo di un ceppo batterico piuttosto che un altro.
Che differenze con lo Yogurt?
Facendo riferimento alle raccomandazioni dell’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma) e ai numerosi studi scientifici pubblicati su questo argomento, il Ministero ha deciso di “fissare” la quantità minima di fermenti vivi in grado di garantire benefici all’organismo. In particolare, per ottenere una temporanea colonizzazione dell’intestino, occorre assumere almeno un miliardo di batteri vivi (per singolo ceppo) al giorno.
I probiotici a differenza dei batteri dello yogurt (Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus) resistono all’ambiente acido dello stomaco e transitano nell’intestino dove contribuiscono a migliorare la flora batterica.
Medici e farmacisti: usiamo i termini corretti
“Fermenti lattici” e “probiotici” vengono spesso confusi tra loro anche dai professionisti della sanità ed è necessario lavorare in questo senso.
Dobbiamo capire che dire probiotico vuol significare che siamo all’interno di un sistema codificato e controllato, con microrganismi che hanno un nome e un cognome.
Il numero crescente di ricerche in questo settore e le nuove prospettive terapeutiche che stanno emergendo negli ultimi anni richiedono l’uso di terminologie sempre più precise, nell’interesse soprattutto dei pazienti.