Psilocibina per l’Alzheimer: Nuove Scoperte per Combattere il Deterioramento Cognitivo
La psilocibina, un composto psichedelico trovato in alcuni tipi di funghi, sta guadagnando attenzione per il suo potenziale terapeutico in una varietà di condizioni neurologiche e psichiatriche, tra cui l’Alzheimer.
Sebbene la maggior parte delle ricerche finora si sia concentrata su malattie come la depressione e l’ansia, recenti studi preliminari suggeriscono che la psilocibina potrebbe avere applicazioni nel trattamento della demenza e del morbo di Alzheimer.
Caratteristiche chimiche
Il nome chimico della psilocibina è 4-fosforilossi-N,N-dimetiltriptamina.
È un composto organico appartenente alla famiglia delle triptamine, che sono strutturalmente simili alla serotonina, un neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione dell’umore, della percezione e della cognizione.
La struttura della psilocibina può essere descritta come un derivato del triptofano (un amminoacido essenziale), con un gruppo fosfato attaccato alla molecola di psilocina, che è la sua forma attiva. Quando ingerita, infatti, la psilocibina viene rapidamente de-fosforilata nell’organismo, trasformandosi in psilocina, che è il metabolita responsabile degli effetti psichedelici.
Meccanismo d’azione
La psilocibina agisce principalmente sui recettori della serotonina, in particolare il recettore
5-HT2A, che è coinvolto nella regolazione dell’umore, della percezione e della cognizione. Nel cervello, la serotonina ha un ruolo fondamentale nella plasticità neuronale, la capacità del cervello di adattarsi e riorganizzarsi.
La psilocibina sembra aumentare la connettività tra le aree cerebrali e promuovere la neuroplasticità, processi che potrebbero essere compromessi nell’Alzheimer.
Uno dei principali problemi dell’Alzheimer è la progressiva degenerazione delle connessioni sinaptiche, che porta a un deterioramento cognitivo e comportamentale.
Studi su modelli animali e su piccole coorti di pazienti indicano che la psilocibina potrebbe aiutare a rallentare questo processo. Sebbene la ricerca sia ancora agli inizi, la psilocibina sembra anche ridurre l’infiammazione cerebrale, un altro fattore chiave nella progressione dell’Alzheimer.
Benefici terapeutici
La psilocibina è nota per indurre esperienze profondamente emotive e introspezioni, e in contesti terapeutici controllati, queste esperienze potrebbero aiutare i pazienti con Alzheimer e i loro caregiver a gestire lo stress emotivo, l’ansia e la depressione che spesso accompagnano la malattia.
Alcuni possibili benefici includono:
- Miglioramento dell’umore e riduzione dell’ansia: L’ansia è comune nei pazienti con Alzheimer, e la psilocibina ha dimostrato di alleviare l’ansia in altri contesti.
- Promozione della neuroplasticità: La capacità della psilocibina di migliorare la plasticità cerebrale potrebbe aiutare a preservare le funzioni cognitive più a lungo.
- Possibile riduzione della progressione della malattia: Anche se ancora non dimostrato, si spera che la psilocibina possa rallentare la progressione della malattia attraverso la sua azione sui recettori della serotonina e i suoi effetti anti-infiammatori.
- Negli studi clinici che hanno esplorato l’uso della psilocibina, i dosaggi variano in base all’obiettivo dello studio, alla condizione trattata e al protocollo di somministrazione. Tuttavia, la maggior parte degli studi terapeutici con psilocibina utilizza dosi che vanno da 10 mg a 30 mg, generalmente calcolate in base al peso corporeo del paziente e alla concentrazione del composto.
Studi relativi all’Alzheimer
Al momento, non ci sono molti studi clinici specificamente dedicati all’uso della psilocibina per l’Alzheimer, ma i dosaggi utilizzati nelle ricerche su altre condizioni neurodegenerative e psichiatriche possono fornire un quadro di riferimento.
Nei contesti terapeutici, la psilocibina viene spesso somministrata in una singola dose o in cicli di microdosi sotto stretta supervisione medica.
Dosaggi tipici
- Bassa dose (microdosi): Circa 1-5 mg. Le microdosi sono solitamente sub-percettive e non inducono un’esperienza psichedelica completa. Questi regimi vengono esplorati per migliorare la cognizione, ridurre l’ansia e promuovere la neuroplasticità senza alterare in modo significativo lo stato mentale del paziente. Questo approccio potrebbe essere più adatto per pazienti con Alzheimer, che potrebbero avere difficoltà a gestire l’esperienza psichedelica completa.
- Dose moderata (terapeutica): 10-20 mg. Questo dosaggio è quello comunemente utilizzato in studi su depressione, ansia e disturbo post-traumatico da stress (PTSD).
È sufficiente per indurre un’esperienza psichedelica significativa, ma gestibile, che sotto supervisione terapeutica potrebbe migliorare l’umore e favorire l’introspezione. - Dose alta (psichedelica): 25-30 mg o più. Studi come quelli condotti su pazienti con cancro terminale che soffrono di ansia esistenziale hanno utilizzato dosi più elevate per indurre esperienze profonde di cambiamento di coscienza e di accettazione. Tuttavia, queste dosi sono meno esplorate per persone con patologie come l’Alzheimer, poiché possono essere troppo intense per i pazienti cognitivamente vulnerabili.
Protocollo di somministrazione
In molti studi, la psilocibina viene somministrata in una singola sessione, con un ambiente controllato che include un terapeuta o una guida psichedelica, per garantire che il paziente possa gestire l’esperienza. Alcuni protocolli prevedono la ripetizione delle sessioni a intervalli di settimane o mesi, soprattutto per condizioni croniche.
Nei casi di Alzheimer, alcuni ricercatori stanno esplorando anche il potenziale delle microdosi ripetute (ad esempio, ogni 3 giorni) per stimolare la neuroplasticità senza effetti collaterali psichedelici evidenti.
Limiti e considerazioni etiche
Attualmente, ci sono diversi ostacoli all’uso terapeutico della psilocibina per l’Alzheimer.
La ricerca è ancora in una fase sperimentale e gli studi clinici su larga scala sono necessari per comprendere meglio i benefici e i rischi. Inoltre, la regolamentazione delle sostanze psichedeliche varia notevolmente da paese a paese, rendendo difficile la sperimentazione clinica.
Infine, l’uso della psilocibina in persone vulnerabili come i pazienti con Alzheimer deve essere attentamente monitorato, poiché le allucinazioni e i cambiamenti percettivi possono essere destabilizzanti per chi ha già un deterioramento cognitivo.
Considerazioni finali
È importante notare che la psilocibina deve essere somministrata solo in contesti clinici o di ricerca regolamentati, poiché dosaggi sbagliati o l’ambiente non adatto possono portare a effetti psicologici avversi, specialmente in persone con fragilità cognitive come i pazienti con Alzheimer.
In sintesi, sebbene la psilocibina rappresenti una promettente area di ricerca per l’Alzheimer, siamo ancora lontani da una terapia consolidata. Tuttavia, i primi risultati sono incoraggianti, suggerendo che potrebbe avere un ruolo importante nel migliorare la qualità della vita e rallentare i sintomi della malattia.
Fonti https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39050672/