La Cannabis e le sue attività sul cervello umano.

La pianta di Cannabis ha innumerevoli interazioni con molte funzioni del nostro organismo.
Questo perché esiste un complesso sistema all’interno del nostro corpo, capace di recepire e convogliare i segnali che i componenti della pianta provocano una volta entrati in circolo.

Proviamo a raffigurarlo in questo modo.

Il nostro organismo produce (in maniera autonoma) degli ormoni del tutto simili ad alcuni componenti presenti nella pianta di Cannabis. Immaginiamoli come dei camioncini verdi, per i quali esiste una rete stradale diffusa in tutto il corpo, dal cervello agli organi, su cui -una volta prodotti- siano liberi di circolare. Ora, la pianta ha tra i suoi costituenti tanti camioncini di un verde più tenue ma molto simili a quelli che il corpo produce. Questi possono liberamente circolare sulla stessa rete già esistente ed attivare anche altri effetti rispetto a quelli previsti.

In questo primo articolo sull’argomento, cercherò di descrivere quelle attività più strettamente connesse al nostro “cervello”. Vedremo che tipo di influenza, positiva e negativa, possa avere l’assunzione di estratti di piante di Cannabis sul nostro sistema nervoso.

Si deve sapere che gli endocannabinoidi, ossia gli ormoni autonomamente prodotti dal nostro organismo, giocano un ruolo fondamentale nella regolazione del piacere, della memoria, del pensiero e della concentrazione, del movimento, della consapevolezza del tempo, dell’appetito, dell’ elaborazione sensoriale (gusto, tatto, olfatto, udito e vista) come del dolore.

Oltre ad avere influenza sullo stesso sviluppo del cervello.
Infatti gli endocannabinoidi  agendo sui recettori CB1 (e anche CB2 ), modulano e “sintonizzano” i segnali nella maggior parte delle regioni del cervello, consentendo al cervello di adattarsi a segnali generati da più fonti contemporaneamente.

Come funziona il sistema endocannabinoide nel cervello

Comprendere le molteplici funzioni della segnalazione endocannabinoide nel cervello non è per nulla facile, ma è molto importante per riuscire ad ottenere una visione approfondita degli effetti farmacologici della cannabis e degli altri cannabinoidi esogeni, del loro potenziale terapeutico e degli eventuali effetti collaterali indesiderabili.

I cannabinoidi si legano a specifici recettori distribuiti (in maniera molto varia) in tutto l’organismo seguendo più o meno questo schema:

  1. I recettori sono delle molecole presenti sulla superficie di una cellula, grazie alle quali la cellula riceve segnali chimici e fisici da fuori dei suoi confini (membrana cellulare).
  2. Ogni recettore si lega solo a determinate sostanze a loro affini, dette ligandi, come un sistema chiave/serratura.
  3. Un ligando, unendosi al recettore corrispondente, invia un preciso segnale alla cellula. La cellula, dunque, a seconda del segnale ricevuto dai suoi recettori, compie determinate azioni quali ad esempio: crescere, produrre sostanze chimiche, morire, ecc.

Dunque i cannabinoidi svolgono il loro effetto legandosi a questi recettori già naturalmente presenti nel nostro organismo

Una panoramica riassuntiva può essere colta nello studio Kalant che descrive in profondità il sistema endocannabinoide e come questo sia responsabile della modulazione della trasmissione (sinaptica) eccitatoria e inibitoria e delle funzioni regolatorie nel cervello;
riassumendo che i cannabinoidi esogeni, ossia gli estratti delle piante di Cannabis, sono meno selettivi nelle loro azioni rispetto al sistema endogeno già operante nel nostro organismo, perché agiscono su una gamma molto più ampia di recettori distribuiti in tutto il sistema nervoso.

Che influsso ha sulla crescita dell’individuo

I segnali trasmessi dagli endocannabinoidi sono fondamentali per lo sviluppo del cervello e per la sopravvivenza e la proliferazione delle cellule staminali neurali, cioè quelle cellule progenitrici del tessuto nervoso, che diverranno attive in periodi futuri della crescita e dello sviluppo.
In questo senso è corretto non lasciarsi andare a facili affermazioni circa il consumo, largamente inteso, della cannabis e dei suoi derivati.

Bisogna affermare che il nostro organismo, come da studi effettuati, può essere suscettibile al consumo di cannabis durante la gravidanza e l’adolescenza e che questo potrebbe influire sulla struttura -ancora in divenire- e sulla funzione del cervello.

Secondo diversi studi, infatti, alcuni segnali condotti dai cannabinoidi (sia interni che  assunti dalla pianta) possono contribuire alla genesi di malattie neuropsichiatriche di origine evolutiva, come ad esempio autismo, schizofrenia e depressione.

Anche negli individui adulti, il sistema cannabinoide, continua a rivestire un ruolo centrale nella promozione della neurogenesi (formazione di cellule nevose) nell’ippocampo e nei ventricoli laterali, aspetto che si è ritrovato simile anche in differenti studi condotti sul cervello di altri mammiferi (normalmente cavie). Si è visto che THC e CBD inibiscono la neurogenesi nel cervello di roditori adolescenti o adulti, dando rilevanza al concetto di non sottovalutare i potenziali effetti avversi indotti dall’uso di Cannabis.

Effetti neuroprotettivi

Come è corretto evidenziare i potenziali rischi, è altrettanto giusto sottolineare il fatto che i cannabinoidi e i recettori CB1 e CB2 mostrano effetti neuroprotettivi sul cervello, prevenendo o diminuendo la gravità del danno derivante dal flusso meccanico del sangue o altre forme di lesioni.
In quest’ambito, alcuni studi hanno evidenziato come l’ablazione genetica del recettore CB1 sia in grado di esacerbare il rischio di eventi di ictus ischemico. E l’attivazione dei recettori CB2
fornisce proprietà anti-infiammatorie. In pratica proteggono il cervello dai rischi di “infarto” cerebrale. Detto in parole più comprensibili, il complesso sistema dell’attivazione dei recettori per i cannabinoidi ha proprietà di protezione nei confronti della nostra materia grigia.
Bisogna considerare però che l’uso della Cannabis, qualora volessimo ricercare solamente questi effetti terapeutici e neuroprotettivi, è “compromesso” dagli effetti psicoattivi e dallo sviluppo della tolleranza verso la pianta.

Il sistema endocannabinoide contribuisce alle sensazioni olfattive, uditive e dolorose.
Per quest’ultimo aspetto, in particolare, la pianta è tenuta in grande considerazione a fini terapeutici. Per spiegare tale effetto si è scoperta un’ampia sovrapposizione anatomica tra
i sistemi dei recettori di oppioidi e cannabinoidi e sembra probabile che le interazioni funzionali tra loro si traducano nella produzione di analgesia.

Altri effetti sistemici (appetito, ansia/depressione, convulsioni)

Questo è uno degli effetti paradosso (non è l’unico) del consumo degli estratti della pianta di Cannabis. Alcuni studiosi paragonano questo effetto al “premere il pedale del freno e trovarsi ad accelerare…”
Sappiamo, infatti, che un certo numero di nuclei nel midollo è coinvolto nella regolazione dell’appetito e della nausea. Ora alcuni neuroni che ritenevamo inducessero il senso di sazietà risultano invece stimolati da questa sostanza, e riaccendono la fame anche a stomaco pieno! Gli endocannabinoidi e gli agonisti CB1 inibiscono le fibre vagali per favorire il consumo e l’assunzione di cibo.

Questo complesso sistema ha anche interazioni con il centro di controllo dell’umore e degli stati ansiosi e depressivi, in genere con effetti positivi e normalmente benefici.
Ma a quanto sembra, con azione differenti a seconda dei soggetti, la dose assunta di Cannabis
(“alte dosi” ma molto dipendenti dalla reazione individuale) aumenta il rischio di depressione o ansia, possibilmente abbassando l’attività dei recettori CB1.
I cannabinoidi hanno generalmente un effetto dirompente sulla memoria, sull’apprendimento e sul comportamento. Questo evidenzia il loro effetto sulla zona del cervello conosciuta come ippocampo. Lo stesso studio ha messo in correlazione l’attività dei recettori CB1 nella riduzione delle reazioni di paura.

Altro aspetto terapeuticamente molto rilevante è che il sistema endogeno di cannabinoidi inibisce la suscettibilità alle crisi. Quindi non sorprende che la cannabis esogena (cioè assunta dall’esterno) abbia un’attività anticonvulsiva. Tuttavia, se i livelli di THC sono alti o se la cannabis è consumata da individui sensibili, il THC può promuovere convulsioni. Il CBD ha, di norma, effetti terapeutici potenzialmente come farmaco antiepilettico ed è privo di effetti psicoattivi. Entrambi questi componenti attivi, a loro volta, si modulano a vicenda dando vita al ben noto “effetto entourage”.

Infine, il sistema endocannabinoide svolge un ruolo complesso nella regolazione dei meccanismi motori, i recettori CB1 sono abbondanti nelle regioni del cervello
che regolano la funzione motoria e la coordinazione, compresi i gangli della base, il cervelletto.
Questi effetti sono rilevanti per il sollievo sintomatico e per affrontare un’ ampia
gamma di malattie neurologiche caratterizzate da menomazioni motorie,tra le quali  il morbo di Parkinson e diverse forme di spasticità.

Considerazioni

Gli effetti di questa sostanza sulla salute sono molti: alcuni positivi (e per questo è utilizzata a scopo terapeutico per trattare malattie neurodegenerative, tumori e dolori cronici), altri notoriamente negativi.
Nonostante il suo abitudinario utilizzo ricreativo continui giustamente ad essere ritenuto pericoloso, un recente studio pubblicato sulla rivista Scientific Report ha svelato però che delle 7 droghe più diffuse al mondo (alcol e tabacco compresi) la Cannabis è in realtà la più innocua, se si considera la dose media assunta da un consumatore in rapporto a quella letale (le quantità per la dose letale sono riferite a studi su animali, e possono quindi essere leggermente differenti per l’uomo). Aspetto questo che riveste un elemento importante nel poter con sicurezza valutare l’impiego di questa pianta tra le alternative terapeutiche in numerose patologie.

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